Capitolo 5

L’equilibrio dei fluidi

Il volo in mongolfiera, sperimentato per la prima volta nel 1783 dai fratelli Montgolfier in Francia, si basa sui princìpi fondamentali della statica dei fluidi presentati in questo capitolo. L’aria calda all’interno del pallone ha una densità minore rispetto all’aria circostante e questa differenza di densità provoca una forza di “galleggiamento” verso l’alto, la cui intensità è determinata dal principio di Archimede.
Le leggi fisiche che regolano la statica dei fluidi, cioè il comportamento dei fluidi in equilibrio, derivano dalla fisica di base che abbiamo imparato finora.

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I fluidi e la pressione

In fisica, quando parliamo di fluidi ci riferiamo a sostanze che possono scorrere da un punto all’altro e non hanno una forma propria, ma assumono quella del recipiente che le contiene. I fluidi comprendono quindi sia i liquidi sia i gas.

I liquidi hanno un volume proprio, dal momento che sono pressoché incompressibili; i gas, invece, hanno un volume variabile e possono occupare liberamente tutto lo spazio a disposizione.

Un fluido è in equilibrio se è in quiete nel suo complesso

Come nel caso dei solidi, un fluido è in equilibrio statico quando è in quiete e vi rimane indefinitamente. Tuttavia, studieremo più avanti che le molecole di un liquido e di un gas sono soggette a moti incessanti e disordinati. Quindi, il concetto di equilibrio dei fluidi va precisato un po’ meglio. Diciamo che:

Equilibrio di un fluido statico

Un fluido è in equilibrio se è in quiete nel suo complesso, cioè se i moti microscopici delle sue molecole non determinano un movimento d’insieme dell’intera massa del fluido.

Mentre un gas riempie tutto il recipiente che lo contiene, un liquido può occuparne anche solo una parte.
La superficie non a contatto con il recipiente è detta superficie libera (fig. 1).

Superficie libera di un liquido

In un liquido in equilibrio la superficie libera è piana e orizzontale.

Figura 1 La superficie libera di un liquido in equilibrio è piana e orizzontale.

La pressione

Quando premiamo un pulsante o un tasto della tastiera di un computer esercitiamo una pressione. Potremmo pensare di aver semplicemente esercitato una forza sul pulsante o sul tasto, ma dobbiamo tenere conto che questa forza è distribuita su un’area. Infatti, quando schiacciamo un pulsante, la punta del nostro dito lo tocca su una superficie piccola ma definita.

La pressione è una misura della forza esercitata sull’unità di area.

Più precisamente, la pressione p è definita come il rapporto fra l’intensità Fp della forza premente sulla superficie e l’area A della superficie.

Pressione, p

La pressione p è il rapporto tra l’intensità della forza Fp premente sulla superficie e l’area A della superficie:

Se una forza F è perpendicolare alla superficie, allora la forza premente Fp coincide con F, e quindi la pressione è:

La pressione è una grandezza scalare e nel SI si misura in N/m2. Questa unità di misura è chiamata pascal e indicata con il simbolo Pa, in onore del fisico e filosofo francese Blaise Pascal (1623-1662):

1 Pa = 1 N/m2

Gli strumenti che misurano la pressione sono chiamati manometri.

La pressione è direttamente proporzionale alla forza e inversamente proporzionale all’area, quindi aumenta se aumenta la forza esercitata su una data area e aumenta se una data forza viene applicata su un’area minore.

La pressione nei fluidi

Un fluido esercita una pressione sulle pareti del recipiente che lo contiene e su ogni oggetto immerso; inoltre, ogni parte del fluido esercita una pressione sulle altre parti del fluido.

Se il fluido è in equilibrio, su ogni superficie al suo interno, comunque sia orientata, si esercitano forze perpendicolari (e quindi pressioni) uguali e opposte, che si compensano in modo che il fluido rimanga in quiete (fig. 2).

Pressione in un fluido in equilibrio statico

La pressione in un fluido in equilibrio ha lo stesso valore in ogni punto del fluido e la forza che la genera è sempre perpendicolare alla superficie sulla quale viene esercitata.

Figura 2 Pressione in un fluido in equilibrio
a Se il fluido è in equilibrio, su ogni superficie al suo interno si esercitano forze perpendicolari uguali e opposte, che si compensano.
b La pressione esercitata dal fluido è sempre perpendicolare alla superficie con la quale è in contatto.

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La pressione atmosferica

Siamo tutti abituati a vivere “sotto pressione”, come diretta conseguenza del peso dell’aria che agisce sopra di noi. La pressione esercitata dall’aria è detta pressione atmosferica, pat, e in unità SI ha il seguente valore:

Valore della pressione atmosferica normale, pat

pat = 1,013 · 105 Pa = 1013 hPa

La pressione atmosferica varia con l’altitudine (diminuisce a mano a mano che l’altitudine aumenta) e dipende anche dalle condizioni meteorologiche. Il valore che abbiamo dato, 1013 hPa, si riferisce alla pressione atmosferica normale, o standard, rilevata al livello del mare.

In meteorologia, l’unità di misura abitualmente usata per la pressione atmosferica è l’ettopascal (hPa), pari a 100 Pa. Ma è ancora diffusa un’altra unità, il bar, definito come:

1 bar = 105 Pa

Approssimativamente, quindi, pat = 1 bar.

Poiché 1 Pa = 1 N/m2, possiamo anche scrivere:

pat ≈ 105 Pa = 105 N/m2 = 10 N/cm2

Ricordando che 10 N è all’incirca la forza peso di una massa di 1 kg, possiamo dire che la pressione atmosferica è pari al peso di una colonna d’aria di 1 kg per ogni centimetro quadrato.

Gli strumenti usati per misurare la pressione atmosferica sono chiamati barometri (fig. 3).

Figura 3 Un barometro metallico, detto anche barometro aneroide, sfrutta le minuscole deformazioni che la pressione atmosferica provoca su una o più capsule metalliche (capsule barometriche) al cui interno è stato fatto il vuoto.

Nell’esercizio abbiamo visto che la forza esercitata dalla pressione atmosferica sul nostro corpo è rilevante. Come mai non la avvertiamo?

Il motivo è che, come abbiamo detto, la pressione in un fluido agisce ugualmente in tutte le direzioni. Quindi, se la mano è in posizione orizzontale, come mostrato in figura 4, la pressione atmosferica esercita su di essa una forza verso l’alto e una verso il basso che hanno praticamente la stessa intensità e quindi si annullano. Se la mano è in posizione verticale, la pressione atmosferica spinge verso destra e verso sinistra in modo uguale, quindi la forza risultante è ancora nulla. Indipendentemente da come è orientata la mano, la pressione atmosferica determina sempre forze opposte che si cancellano a vicenda.

Figura 4 La pressione atmosferica sulla mano non varia modificandone l’orientazione.

DISEGNO ATTIVO

La pressione è spesso misurata relativamente alla pressione atmosferica

In molti casi ci interessa conoscere la differenza tra una data pressione e la pressione atmosferica. Consideriamo, ad esempio, uno pneumatico sgonfio; la sua pressione interna non è zero, ma è uguale alla pressione atmosferica. Se vogliamo gonfiare lo pneumatico a 241 kPa, la sua pressione interna deve essere maggiore di quella atmosferica di questa quantità, cioè deve essere p = 241 kPa + pat = 342 kPa.

Per trattare situazioni del genere, introduciamo la cosiddetta pressione relativa, pr, definita nel modo seguente:

Pressione relativa, pr

pr = ppat

Il manometro che misura la pressione degli pneumatici determina proprio la pressione relativa. Se si calcola la pressione relativa pr, per ottenere la pressione effettiva si deve aggiungere a pr la quantità pat:

p = pr + pat

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La legge di Stevino

Molti film di guerra ci hanno mostrato quali sono i rischi che corre un sottomarino quando scende troppo in profondità: lo scafo scricchiola, i rivetti cominciano a saltar via, l’acqua inizia a filtrare all’interno, mentre il capitano tiene gli occhi fissi sul misuratore di profondità. Ma qual è la causa dell’aumento di pressione quando il sottomarino si immerge e di quanto aumenta la pressione al crescere della profondità?

La risposta alla prima domanda è che l’aumento della pressione è dovuto all’aumento della quantità di acqua che esercita il suo peso sul sottomarino, mano a mano che questo scende in profondità.

La legge di Stevino fornisce la pressione all’interno di un fluido

Per comprendere ciò che accade al sottomarino in immersione, consideriamo un contenitore cilindrico riempito con un fluido di densità d (fig. 5).

Figura 5 Pressione e peso di un fluido

La superficie superiore del fluido è soggetta alla pressione atmosferica pat; se l’area di questa superficie è A, la forza esercitata dall’atmosfera sulla superficie superiore del fluido è:

Fsup = pat A

A una profondità h dalla superficie del fluido, agisce una forza verso il basso uguale a più il peso del fluido sovrastante.

Ricordando che la relazione tra massa e volume è m = dV e che, per un cilindro di altezza h e area di base A, si ha V = hA, il peso del fluido che si trova al di sopra del livello h è:

Quindi possiamo scrivere che la forza che agisce a una profondità h è:

F = Fsup + P = pat A + dhAg

Dividendo F per l’area A otteniamo la pressione alla profondità h dalla superficie del fluido:

p = pat + dgh

Questa relazione è nota come legge di Stevino, dal nome dello scienziato fiammingo Simon Stevin (1548-1620), che la enunciò nel 1586:

Legge di Stevino: pressione a una profondità h

La pressione a una profondità h dalla superficie libera di un fluido è data dalla somma della pressione atmosferica e di una quantità proporzionale ad h e alla densità d del fluido:

La relazione p = pat + dgh può essere applicata a qualsiasi punto del fluido. Indichiamo allora con Δh (si legge “delta h”) la differenza fra le due altezze del fluido, Δh = h2h1. Se la pressione in un punto è p1, la pressione a una profondità Δh al di sotto di quel punto è:

p2 = p1 + dgΔh

che è un altro modo di enunciare la legge di Stevino (fig. 6):

Legge di Stevino: pressione in due punti con dislivello Δh

La differenza di pressione in due punti con dislivello Δh è proporzionale alla densità del fluido e al dislivello:

p2p1 = dgΔh

Figura 6 Variazione della pressione con la profondità
Il punto 2, che si trova a una profondità Δh rispetto al punto 1, ha una pressione maggiore di una quantità dgΔh.

La misura della pressione atmosferica con il barometro a liquido

Un’interessante applicazione della variazione della pressione con la profondità è rappresentata dal barometro a liquido, uno strumento che può essere utilizzato per misurare la pressione atmosferica. Il primo barometro di questo tipo fu costruito da Evangelista Torricelli nel 1643.

Il barometro a liquido è costituito da un lungo tubo cilindrico di vetro chiuso a un’estremità e riempito con un liquido di densità d, che viene capovolto e immerso in una vaschetta contenente lo stesso tipo di liquido, in modo che l’estremità aperta sia sotto la superficie del liquido (fig. 7). Una parte del liquido contenuto nel cilindro fluisce nella vaschetta, lasciando uno spazio vuoto nella parte superiore del cilindro, fino a che si stabilisce una condizione di equilibrio che determina una differenza di livello h fra il liquido nella vaschetta e quello nel cilindro. Il principio su cui si basa il barometro è che la differenza di livello è direttamente correlata alla pressione atmosferica che agisce sulla superficie del liquido nella vaschetta.

Figura 7 Un semplice barometro
La pressione atmosferica pat che agisce sulla superficie del liquido nella vaschetta è legata all’altezza h del liquido nel tubo dalla relazione pat = dgh. Quindi, misurando h si può determinare il valore della pressione atmosferica.

DISEGNO ATTIVO

Per comprendere meglio che cosa avviene, osserviamo innanzitutto che la pressione nella parte vuota del tubo cilindrico è uguale a zero; quindi, la pressione a una profondità h al di sotto della parte vuota è ph = 0 + dgh = dgh. Al livello della superficie del liquido nella vaschetta sappiamo che la pressione è quella atmosferica, pat.

Uguagliando le espressioni di ph e pat otteniamo:

pat = dgh

Dall’espressione precedente possiamo osservare che, poiché d e g sono note, la misura di h fornisce immediatamente il valore della pressione atmosferica.

Evangelista Torricelli eseguì l’esperimento che abbiamo descritto utilizzando del mercurio (Hg), che ha una densità d =1,36 · 104 kg/m3. Egli misurò una corrispondente altezza della colonna di mercurio uguale a:

che fornisce una misura della pressione atmosferica:

Misura della pressione atmosferica

In particolari condizioni (a livello del mare e alla temperatura di 20 °C), la pressione atmosferica è uguale alla pressione esercitata da una colonna di mercurio alta 760 mm.

In effetti, una delle unità di misura della pressione atmosferica, l’atmosfera (atm) è definita in termini di millimetri di mercurio (mmHg):

1 atm = pat = 760 mmHg

Riassumendo le unità di misura che abbiamo utilizzato per la pressione atmosferica:

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Il principio di Pascal

La legge di Stevino stabilisce che, se sulla superficie di un fluido di densità d agisce solo la pressione atmosferica pat, la pressione a una profondità h al di sotto della superficie è:

p = pat + dgh

Ora supponiamo che la pressione atmosferica venga aumentata da pat al valore pat + Δp. Come conseguenza, la pressione alla profondità h sarà:

p = pat + Δp + dgh = (pat + dgh) + Δp

Perciò, aumentando la pressione sulla superficie del fluido di una quantità Δp, aumenta della stessa quantità la pressione in ogni punto del fluido.

Questa considerazione, nota come principio di Pascal, può essere espressa nel modo seguente:

Principio di Pascal

Una pressione esterna, applicata a un fluido racchiuso in un recipiente, si trasmette inalterata in ogni punto del fluido.

Il principio si può verificare sperimentalmente con l’apparecchiatura mostrata in figura 8. Un recipiente sferico con il collo cilindrico e dotato di uno stantuffo è riempito con un fluido. Applicando una pressione allo stantuffo, i manometri sulla superficie del recipiente segnalano che il fluido ha trasmesso questa pressione in tutte le direzioni con uguale intensità.

Figura 8 Verifica sperimentale del principio di Pascal

Il principio di Pascal è alla base del funzionamento dell’impianto frenante di automobili e motociclette. Nei freni a tamburo o a disco il pedale del freno esercita una pressione sul fluido contenuto nell’impianto (fig. 9). Il fluido, per il principio di Pascal, trasmette la pressione fino alla ruota, la quale viene frenata per attrito da due ganasce che premono contro un tamburo o da due pastiglie che stringono un disco ancorato alla ruota.

Figura 9 Il funzionamento dei freni a tamburo

La botte di Pascal

Nel 1646 Blaise Pascal eseguì un famoso esperimento con una botte per dimostrare il suo principio. Egli inserì in una botte piena di acqua un lungo e sottile tubo verticale attraverso un foro praticato nel coperchio e cominciò a versare acqua nel tubo (fig. 10): osservò che, man mano che versava acqua, la pressione aumentava e che a un certo punto la botte si rompeva.

Come si spiega questo comportamento?

Se si versa acqua nel tubo molto stretto, la pressione idrostatica dentro la botte aumenta velocemente, in modo proporzionale all’altezza h raggiunta dall’acqua dal tubo. Una piccola quantità di acqua in più può produrre un aumento notevole di pressione sulla base del tubo; ma la pressione si trasmette in tutta la botte, esercitando sulle sue pareti una forza tale da romperla.

Se il tubo è abbastanza stretto si può rompere la botte anche solo aggiungendo un bicchiere d’acqua.

Figura 10 Botte di Pascal

Il torchio idraulico

Un altro esempio di applicazione del principio di Pascal è il torchio o sollevatore idraulico, mostrato schematicamente nella figura 11. Il torchio idraulico è un sollevatore formato da due cilindri, uno di area di base A1, l’altro di area di base A2 maggiore di A1. I cilindri, contenenti ciascuno un pistone, sono collegati attraverso un tubo e riempiti con un fluido.

Inizialmente i pistoni sono allo stesso livello e sottoposti alla pressione atmosferica. Se si preme sul pistone 1 con una forza F1 verso il basso, si ha un aumento di pressione nel cilindro 1 pari a:

Per il principio di Pascal, la pressione nel cilindro 2 aumenta della stessa quantità; pertanto, sul pistone 2 si ha un aumento della forza verso l’alto pari a:

F2 = ΔpA2

Sostituendo in questa formula Δp = F1/A1, si ha:

In questo modo, è possibile sollevare delle masse con una forza molto inferiore alla forza peso delle masse.

Figura 11 Schema di torchio idraulico

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Il principio di Archimede

Il fatto che la pressione di un fluido aumenti con la profondità porta a molte conseguenze interessanti. Una di queste è che un fluido esercita una spinta verso l’alto su qualsiasi oggetto immerso in esso. Questa forza viene detta forza di galleggiamento, o anche forza (o spinta) di Archimede.

Per comprendere l’origine della forza di galleggiamento, consideriamo un blocco di forma cubica immerso in un fluido di densità df (fig. 12).

Il fluido circostante esercita su ogni faccia del blocco delle forze perpendicolari alla superficie.

Chiaramente, le forze orizzontali che spingono verso destra e verso sinistra sono uguali e quindi si eliminano a vicenda, e non hanno alcun effetto sul blocco.

La situazione è invece piuttosto diversa per le forze verticali. La forza verso il basso esercitata sulla faccia superiore è minore di quella verso l’alto esercitata sulla faccia inferiore, poiché la pressione sulla faccia inferiore è maggiore. Questa differenza tra le forze dà luogo a una forza risultante verso l’alto, che è proprio la forza di galleggiamento.

Figura 12 Forza di galleggiamento dovuta a un fluido

DISEGNO ATTIVO

Questo è un esempio di un principio generale, detto principio di Archimede:

Principio di Archimede e forza di galleggiamento

Un oggetto immerso in un fluido risente di una forza di galleggiamento verso l’alto di intensità uguale al peso del fluido spostato dall’oggetto. La forza di galleggiamento per un oggetto di volume V immerso in un fluido di densità df è:

Equilibrio di un corpo in un fluido

Studiamo ora l’equilibrio di un corpo immerso in un fluido. Sappiamo che sul corpo agisce la forza di Archimede diretta verso l’alto e la forza peso P diretta verso il basso. Se la densità del corpo è dc e il suo volume è V, il peso è:

La condizione di equilibrio è la seguente:

Condizione di equilibrio di un corpo in un fluido

Un corpo è in equilibrio in un fluido se la sua forza peso compensa la spinta di Archimede, cioè se il suo peso è uguale al peso del fluido spostato.

Se il corpo è totalmente immerso nel fluido, la condizione di equilibrio diventa:

dcVg = df Vg

cioè:

dc = df

Dunque se la densità del corpo è uguale alla densità del fluido, il corpo rimane in equilibrio all’interno del fluido.

Possiamo quindi osservare tre diverse situazioni.

Densità del corpo uguale alla densità del fluido

Se la densità del corpo è uguale alla densità del fluido, la spinta di Archimede uguaglia la forza peso e il corpo rimane sospeso nel fluido (fig. 13a):

dc = df       il corpo è sospeso

Densità del corpo maggiore della densità del fluido

Se la densità del corpo è maggiore della densità del fluido, la forza peso è maggiore della spinta di Archimede e il corpo va a fondo (fig. 13b):

dc > df       il corpo affonda

Densità del corpo minore della densità del fluido

Se la densità del corpo è minore della densità del fluido, la forza peso del corpo è minore della forza di Archimede che agisce su un volume pari a quello del corpo.

In questo caso, il corpo, se all’inizio è totalmente immerso, riceve una spinta verso l’alto che lo fa emergere, fino a quando non raggiunge la condizione di equilibrio, in cui il suo peso è uguale al peso del fluido spostato.

Quindi solo una parte del volume del corpo è immersa e il corpo galleggia (fig. 13c):

dc < df       il corpo galleggia

Il volume della parte immersa di un corpo che galleggia si può determinare seguendo la procedura illustrata nella prossima scheda OperativaMente.

Figura 13 Comportamento di un corpo immerso in un fluido

DISEGNO ATTIVO

Il galleggiamento

Come abbiamo visto, la condizione minima per il galleggiamento in un fluido è che la spinta di Archimede sia uguale al suo peso e questa condizione è verificata se la densità dell’oggetto è minore di quella del fluido. È questa la ragione per cui è molto più facile stare a galla nell’acqua salata che non nell’acqua dolce e in particolare nell’acqua del Mar Morto, che è molto densa a causa della grande quantità di sale che contiene.

La forma del corpo immerso influisce molto sul suo galleggiamento. Consideriamo un blocco di legno e uno di metallo con le stesse dimensioni. In figura 14a è mostrato il volume d’acqua che ha peso uguale a quello del blocco di legno, in figura 14b è mostrato il volume d’acqua che ha peso uguale a quello di un blocco di metallo. In questo secondo caso, evidentemente, se il blocco di metallo viene completamente immerso, la spinta di Archimede è solo una frazione del suo peso e quindi il blocco affonda.

Se invece il metallo ha la forma di una scodella, come in figura 14c, può spostare un volume d’acqua che abbia un peso uguale al suo e quindi può galleggiare.

Figura 14 Galleggiamento di un oggetto più denso dell’acqua
a Il blocco di legno galleggia.
b Il blocco di metallo affonda.
c Se il metallo ha la forma di una scodella può galleggiare: in questo caso la densità è cambiata.

Per questo motivo, sebbene l’acciaio sia più denso dell’acqua, lo scafo di una nave, di forma cava, sposta abbastanza acqua da permetterne il galleggiamento, se non viene caricato troppo.

Le mongolfiere rappresentano un esempio di galleggiamento nell’aria.

Nelle mongolfiere l’aria riscaldata espande l’involucro, aumentando il volume dell’aria spostata dal pallone; contemporaneamente l’aria fredda esce dal pallone, riducendo il suo peso. In questo modo la densità media del pallone diventa minore di quella dell’aria circostante e il pallone inizia a fluttuare.

Figura 15 Lo scafo di una nave (a sinistra) di forma cava, sposta abbastanza acqua da permettere il galleggiamento, se non viene caricato troppo; sullo scafo è evidente il segno di Plimsoll, che indica la linea di galleggiamento quando la nave viene caricata al massimo consentito.
Le mongolfiere (a destra) fluttuano nell’aria perché la densità media dell’aria interna del pallone è minore di quella dell’aria circostante.

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Il “galleggiamento neutro” dei pesci e dei mammiferi marini

Il diavoletto di Cartesio è una piccola fiala di vetro con una bolla d’aria al suo interno, che viene immersa in una bottiglia di plastica quasi completamente riempita d’acqua.

Inizialmente la densità della fiala e della bolla d’aria è minore di quella dell’acqua e quindi il diavoletto galleggia. Se la bottiglia viene schiacciata, la pressione dell’acqua aumenta e comprime l’aria contenuta all’interno del diavoletto; la bolla d’aria diminuisce di volume, permettendo l’ingresso di altra acqua. In questo modo la densità totale della fiala e della bolla d’aria diventa maggiore di quella dell’acqua e il diavoletto affonda.

Facendo variare la pressione sulla bottiglia, si può far salire e scendere il diavoletto a qualsiasi profondità.

Sullo stesso principio del diavoletto di Cartesio funziona la vescica natatoria dei pesci, che è fondamentalmente una sacca d’aria il cui volume può essere controllato dal pesce. Variando il volume della vescica, il pesce può raggiungere una condizione di “galleggiamento neutro”, cioè può nuotare senza sforzo a qualsiasi profondità, proprio come il diavoletto di Cartesio.

Considerazioni simili si possono fare anche per i mammiferi marini, come i delfini, le foche, gli elefanti marini e le balene. Tutti questi animali sono in grado di immergersi a grande profondità (alcune foche sono state osservate alla profondità di circa 400 m) sfruttando il fatto che la pressione dell’acqua circostante comprime il loro corpo e schiaccia le sacche d’aria nei polmoni. Proprio come per il diavoletto di Cartesio, la compressione fa diminuire la capacità di galleggiamento di questi animali, favorendo l’immersione e facendo risparmiare energia, che risulterà preziosa per risalire in superficie.

Per approfondire

  1. Formula ipotesi Non tutti i pesci possiedono la vescica natatoria, ad esempio ne sono privi gli squali. Come si comportano questi pesci per non rimanere attaccati al fondale?
  2. Deduci Secondo te, i pesci di fondale, ad esempio le sogliole, sono dotati di vescica natatoria?

Per ulteriori notizie e approfondimenti collegati al sito www.sciencefactory.it

Ripassa le formule

Pressione

Pressione atmosferica

Legge di Stevino

Principio di Archimede

Condizione di equilibrio di un corpo in un fluido:

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